Ci sono attimi…(Grotta di Diana)

Ci sono attimi in cui tutto si ferma. Attimi sospesi; ogni rumore tace, il cuore rallenta così tanto da spingerti a sentire se batte. Sono attimi, durano pochi secondi, poi tutto sembra tornare alla normalità, o quasi.

Durante uno di essi ho sentito la terra respirare, o almeno è sembrato lo facesse. Silenzio, poi un soffio, leggero, quasi impercettibile; centinaia di foglie hanno cominciato a cadere. Un rumore tenue, intonato e rilassante ha riempito lo spazio. Ho alzato il viso verso il cielo ed ho accolto le foglie come fossero pioggia.

Huka

Minuti di assoluta comunione con il momento; sensazioni ed emozioni mai provate prima. Mi sono detto qualcosa è accaduto. Porte si sono aperte, altre chiuse. Opportunità da cogliere o da scartare. Il sussurro della Terra ha tracciato nuovi sentieri.

Sono tornato in me, ho accarezzato Huka, esterrefatto della mia immobilità, ed ho proseguito lungo un sentiero nel bosco tra l’abitato di Campoli e il fiume Magra. Scorci piacevoli, fatti di affioramenti rocciosi e saliscendi divertenti, altri meno, dove il taglio per la pulizia attorno ai tralicci ha creato slarghi abbandonati.

Con Huka a fare l’andatura mi sono perso a guardare attorno, con la vana speranza di poter nuovamente cogliere quella sensazione di unione mai trovata prima. Fino a quando, senza quasi accorgermene sono sbucato nei pressi di una casa. Serrande abbassate, scuri chiusi, qualche fiore messo al riparo altri coperti con del tessuto. Una casa abitata solo in estate.
Poco oltre, l’asfalto. Mi fermo, estraggo la carta e verifico di trovarmi appena sotto Canossa (Mulazzo – MS)

In quel momento realizzo di non essere mai riuscito – mai davvero l’avevo cercata – a trovare la Grotta di Diana. Ed allora, forte di quelle sensazioni mi sono detto che era il momento giusto; se dietro quella curva trovo un sentiero, anche dimenticato e sporco, vado a cercarla.  Spinto dalla scommessa ho proseguito sulla strada constando al mio arrivo che il sentiero c’è per davvero. O per meglio dire si intuisce.
Non mi trattengo, vado alla ricerca della Grotta.

Ingresso_Diana

Inizio cosi a salire, ad inerpicarmi e arrampicarmi, a scivolare, a maledire ed imprecare per poi tornare a salire, scivolare e arrampicarmi nuovamente fino a quando, sotto ad un affioramento roccioso, non vedo l’indizio che mi fa esultare. Ho trovato la Grotta di Diana.

Mi dico Ca##o! Ce l’hai fatta!

Mi siedo, assaporo il momento, faccio qualche foto. Poi con tutta la calma attraverso il piccolo ponticello di tronchi, un po’ instabile, un po’ avventuroso, e sono sulla soglia di questa piccola cavità. Mi accuccio, guardo dentro, vedo decine e decine di incisioni. Fantastico, ma non ci sono davvero parole per descrivere quello che provo. Qui, migliaia di anni fa, uomini e donne riposavano, si riparavano, si difendevano. Raccontavano una storia, lasciavano segni per persone dopo di loro e chissà quanti altri messaggi. Ed io sono qua, incapace di leggere le loro storie, quello che, con tanta tenacia hanno inciso sulla pietra. Sono cieco, incapace di tradurre in linguaggio ciò che vedo.
Capace però di apprezzare, di sentirmi minuscolo rispetto ad un pezzo di storia importante. Ad un pezzo della nostra storia.

Guardo e fotografo e solo dopo molto tempo riattraverso il ponticello per tornare indietro.

 

 

Perché non sia solo un racconto, ma anche un approfondimento, qui allegato trovate PPE.ATTI_XI_TOSATTI-CARRERA_pp.89-100_3-libre di Francesco Carrera, Anna Maria Tosatti in Preistoria e Protostoria in Etruria, Paesaggi Cerimoniali Ricerche e Scavi, 2012.  

Dianapng

 

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